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L'universo amico

Secondo la legge del karma ad ogni azione corrisponde una reazione dello stesso segno. 

Non è tuttavia raro sperimentare come persino un’azione virtuosa possa nell’immediato produrre effetti dolorosi, anche perché oggi le persone sono fortemente condizionate e ad un'azione benefica potrebbero reagire con ostilità.

In ogni caso, anche se da un agire compiuto con coerenza e rettitudine non dovessero scaturire immediatamente risultati piacevoli, possiamo avere la certezza che questi si sono già prodotti su un piano superiore di realtà che attiene alla nostra natura più  profonda, perché così avviene quando l’azione è fondata sul dharma, ovvero su quelle leggi universali eterne ed infallibili che governano e sostengono la vita di ogni essere vivente e del creato intero.

La persona saggia che agisce in armonia con il dharma sperimenta nel proprio intimo serenità e soddisfazione impagabili, non dipendenti da cause esterne, e non si preoccupa troppo se per brevi o lunghi periodi dovrà sopportare temporanee conseguenze disagevoli (tapas).

Colui che invece vuole godere subito e a tutti i costi del risultato delle proprie azioni, magari a scapito del benessere altrui, potrà al momento ottenere una qualche fugace ed illusoria soddisfazione che tuttavia, proprio perché conseguita in violazione al  dharma, si trasformerà a tempo debito in inevitabile sofferenza.

 La Bhagavad-gita (XVIII.38) insegna che il piacere prodotto dal contatto dei sensi con i loro oggetti all’inizio sembra nettare ma alla fine si rivela amaro come il veleno perché ne scaturisce una pseudo-felicità indotta da rajoguna, ovvero dalla bramosìa dell'ego empirico, che non ha nulla a che vedere con quello stato di profonda e duratura beatitudine interiore a cui ognuno di noi intimamente anela.

Assumendo invece un corretto punto di vista, quello dell’io metafisico situato oltre le condizionanti maschere dell’ego, e operando coerentemente con le nostre istanze più profonde, possiamo testimoniare piccoli prodigi anche nella vita di tutti i giorni: un disagio o un ostacolo possono essere percepiti come un’opportunità per superare i propri limiti e provvidi aiuti per sviluppare una consapevolezza più elevata. 

Se leggendo queste riflessioni ti chiedi qual è la necessità di sviluppare una consapevolezza elevata, ti rispondo che senza di essa non si può sperimentare l’autentica felicità. 

Se impariamo a guardare al mondo con una prospettiva rinnovata, costantemente alla ricerca della Realtà che si cela oltre l’apparenza, vedremo un prodigio continuo e potremo sperimentare una dimensione interiore in cui gli ostacoli non esistono, se non nella nostra immaginazione a causa di condizionamenti e false credenze che si sono radicate in noi vita dopo vita. 

Al loro posto potremo vedere, invece, occasioni per colmare le nostre carenze affettive, emotive e comportamentali. 

In una corsa ad ostacoli l’atleta non è né sorpreso né dispiaciuto nell’affrontarli, perché è consapevole che essi fanno parte del gioco. 

Analogamente, solo chi è passato attraverso un’adeguata maturazione interiore può constatare che la vita stessa è una sequenza interminabile di crisi (lutti, abbandoni, tradimenti, malattie, morti e rinascite); la giusta attitudine con cui affrontarle consiste nel cogliere l’orizzonte di senso di tutto ciò che accade, considerare tali esperienze delle preziose opportunità per compiere un percorso di individuazione di sé e riscoprire la nostra essenza spirituale, situata oltre il cangiante mondo dell’impermanenza.

 Sentirsi soli, abbandonati, senza oggetti o persone di cui godere, può momentaneamente apparire una privazione o un ostacolo al raggiungimento della tanto anelata felicità; tuttavia piuttosto che sprecare preziose energie nell’ autocompiangersi, possiamo imparare a vivere la stessa situazione come una prova da superare per coglierne l’opportunità celata. 

Seneca affermava “ignis aurum probat, miseria fortes viros”: il fuoco testa l’oro e le prove [della vita] la forza morale degli uomini. 

Se la mente è saggiamente educata e guidata dal sé spirituale non vedremo più ostacoli davanti a noi, bensì uno spazio luminoso da percorrere con gioia, che ci confermerà di volta in volta la grandezza della misericordia divina e la natura intelligente del mondo e della vita...e che, come scriveva S. Francesco nel cantico delle creature: “Laudato sie mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui.  Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione. Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.” 

Un altro modo per dire che l’universo ci è amico.

Marco Ferrini
(Matsya Avatar das)

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