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La Piazza e la Scuola

Poiché alcune care persone mi hanno chiesto cosa ne penso delle manifestazioni di piazza, il perché non vado in piazza e altro, condivido con voi, in essenza, le risposte che ho dato.

La piazza stimola scambi corali, spesso gioiosi, un po’ chiassosi e talvolta umorali, con spinte istintuali arcaiche inconsce collettive.
Partecipare ad una manifestazione di piazza può servire, seppure un pò frettolosamente e superficialmente, a farsi conoscere, a conoscersi, contarsi, misurarsi con gli altri e a sapere cosa la gente pensa, senza dipendere esclusivamente dalla informazione mainstream.

Le manifestazioni di piazza generano un particolare tipo di psichismo, non tanto quale risultato della somma delle menti individuali, quanto del ben noto effetto regressivo collettivo conosciuto come psichismo di massa. Tanto nel bene quanto nel male, l’individuo si trova dunque a dipendere dalla qualità di pensiero delle persone che formano quella particolare folla.
Sapere con chi si va in piazza è dunque un dato molto rilevante.
Un adagio popolare, recita così: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Oppure, dimmi con chi vai e ti dirò chi diventi.
Le persone, cariche di pregiudizi come sono, etichettano subito chicchessia in base alla compagnia in cui si trova. Chi tra voi lettori, suo malgrado, non ne ha fatta esperienza?

Forse merita ricordare che partecipare alle manifestazioni di piazza non favorisce la formazione personale, semmai occasioni per esprimere consensi o dissensi collettivi.
Infatti, la piazza predilige sfoghi e slogan piuttosto che riflessioni approfondite su temi complessi.
I protagonisti delle manifestazioni di piazza tendono alla spettacolarizzazione del messaggio. Avvalendosi delle tecniche della comunicazione di massa, riducono a poco o nulla il dialogo tra chi parla e chi ascolta; dialogo che è invece alla base della effettiva formazione personale. Infatti, la piazza si presta molto più alla propaganda, suggestiva e indottrinante, che alla dialettica profonda e pacata, che favorisce la crescita personale.

Per me, il luogo di formazione personale più efficace e che si mantiene nel tempo, è la scuola, intesa nel senso più alto e autentico, ove persone accomunate dal desiderio di apprendere l’arte del vivere evolutivo si riuniscono attorno a maestri riconosciuti per porre domande, accogliere insegnamenti, riflettere, avere dialoghi approfonditi, funzionali non solo ad acquisire conoscenze teoriche ma anche ad assimilare coerenti modelli etico-comportamentali.
Vedi il modello upanishadico, la gurukula, basata su principi che educano alle virtù etico-comportamentali come il senso di responsabilità personale e sociale: daivi-varna-ashram-dharma, achara-prachara, yama-niyama, sadhu-sanga, e molto altro.

Poiché i due luoghi d’incontro, la piazza e la scuola, sono ambiti diversi dell’esperienza, dobbiamo mettere attenzione a non confonderli perché ne scaturirebbero effetti indesiderabili.
Se invece sappiamo mantenere il giusto discernimento, da cui scaturisce l’equilibrio personale e collettivo, anche la piazza e la scuola, se organizzate in modo adeguato, diventano due luoghi complementari per realizzare con successo le capacità dialettiche e lo sviluppo armonico della personalità di tutti i partecipanti.

Ricordiamolo almeno noi che siamo i rappresentanti di una riconosciuta scuola (spirituale) di tradizione BhaktiVedantica, che sentiamo il dovere di formare adeguatamente in termini di consapevolezza etico-spirituale il maggior numero possibile di persone affinché diventino donne e uomini capaci di intraprendere con successo duraturo gli irrimandabili cambiamenti sociali e culturali, umanistici e scientifici. Tra cui, il primo per importanza ed anche il più urgente cambiamento di paradigma cui ispirare i nostri studenti: una più profonda conoscenza di se stessi, della propria matrice spirituale, che consenta una rinnovata visione del mondo e di tutte le creature in termini di relazioni d’amore, in quanto la Vita è Amore, è “l’amor che move il sole e le altre stelle”.

Ogni tentativo di rivoluzione, di risveglio o di conversione - aspro o dolce che sia - se è volto ad ottenere il maggiore confort egoico-materiale, allora, a prescindere dalle politiche adottate ci possiamo aspettare un ennesimo fallimento personale, collettivo e ambientale.
Se il fine perseguito sarà invece l’Amore per tutte le creature, per il creato e per il Creatore, il benessere materiale si produrrà naturalmente e in abbondanza, come conseguenza del rispetto del Dharma, fonte dell’infallibile principio cosmo-etico della remunerazione di tutte le azioni.
Poiché viviamo e operiamo prevalentemente in Italia, ecco perché la Carta Costituzionale italiana e la Bhagavad-gita sul piano socio-spirituale possono concorrere alla realizzazione materiale e spirituale di tutti, in quanto sono due fari che possono illuminare menti e cuori per compiere i nostri doveri umani e divini, nel qui ed ora, guardando al futuro con senso di responsabilità.

Marco Ferrini
(Matsya Avatar das)

Centro Studi Bhaktivedanta, Università Popolare degli Studi Indovedici

 

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