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A wonderful mind - Una mente meravigliosa

COME RIPORTARE L'IO ORDINARIO AD ESSERE FUNZIONALE AL VERO SÉ,
COME TRASFORMARE UNA MENTE RIBELLE IN UNA MENTE MERAVIGLIOSA

Da tempo immemorabile dentro di noi sembra che convivano due “esseri”. Tra l'io superiore e l'io ordinario si combatte una perenne battaglia per il predominio sul regno della coscienza. Per l’essere umano condizionato, i dilemmi più penosi sono creati dalla estenuante tensione tra i due poli, che presentano soluzioni tanto diverse quanto sono diverse le loro motivazioni. Tali tensioni perdurano fintanto che l’io ordinario - prodotto di scelte arbitrarie della psiche - non viene armoniosamente reintegrato nel campo energetico dell'io superiore, l’anima.

I dubbi che la mente talvolta insinua sono legati al cangiante e mutevole mondo dell’impermanenza, ed è normale che il fenomeno si intensifichi in prossimità di scelte di vitale importanza. In ciascuna di queste fasi è l’io ordinario che protesta, ma non fatevi intimorire.
Finora l'io ordinario, il falso ego l’ha fatta da padrone, ha oscurato il vostro io superiore, il vero sé: vi ha tiranneggiati impunemente vita dopo vita, vi ha resi schiavi di illusori progetti di felicità, di farneticanti ambizioni e della paura della morte.
Adesso che lo state spodestando, che state per riguadagnare la libertà, ovviamente si ribella.
L’io ordinario, detto anche “falso ego”, è sospettoso, arrogante, orgoglioso, egocentrico, insoddisfatto e irritabile. E’ come una bestia scaltra e famelica, sempre in cerca di preda nella forma di prestigio e piaceri illusori.
L’io superiore è il sé, l’essere spirituale nascosto, l’atman, la cui chiara voce di saggezza solo raramente abbiamo udita ed ascoltata.
Il falso ego è il Distruttore, il principio di separazione. E' l'antagonista dell'Amore. L'ego dà l'illusione di raggiungere la felicità, ma a contatto con esso non vi è che piacere effimero.

L'ego dà l'illusione di possedere l'amore, ma questo sentimento accostandosi all'ego diventa un attaccamento morboso.
L'amore divino immortale appartiene all'anima; gli attaccamenti egoistici e condizionati appartengono all'ego falso, l'io ordinario.

Il primo passo

Liberarsi dalla prigione dell'ego falso (ahamkara) è il primo e più importante lavoro da fare da parte di un aspirante spiritualista, qualsiasi tradizione o sentiero religioso egli scelga di seguire.
Liberandosi da ahamkara non si smarrisce la propria identità, anzi essa può risorgere solo quando vengono meno le false identificazioni e maschere della personalità (sarvo upadhir vinir muktam). Finché rimaniamo avvinghiati all'ego falso e ci trastulliamo con esso, non ci sarà modo di conoscere né Dio né noi stessi.
Il compito è serio, impegnativo, ma anche grandioso, magnifico e affascinante.
Ci conduce a vedere noi stessi, gli altri e ogni cosa nel mondo con gli occhi dell'io superiore, percependoci come creature del Signore che operano per la Sua grazia e misericordia, in armonia con il Tutto.
Nel Buddhismo l'ego è descritto come la causa del dolore e di tutti i mali; si combatte con la radicale rinuncia al mondo.
Nelle Tradizioni mediorientali: Ebraismo, Cristianesimo, Islam, si combatte con la rinuncia, la preghiera e il digiuno.
Nel Vedanta e nel Samkhya l'ego è considerato la causa principale di avidya, di allontanamento da Dio, di caduta e degradazione, di perdita di identità spirituale. Esso è il più grande ostacolo alla realizzazione del Sé e della Felicità; è la forza che si oppone all'anima e a Dio.
E' la principale causa dell'invidia e di caduta negli angeli e negli uomini: da Lucifero a Macbeth, sia nelle vicende antiche che in quelle moderne. A causa dell'ego Lucifero diventa Satana ('l'Avversario', in ebraico) e Lord Macbeth diventa un assassino, una persona degradata e ripugnante. In lui l'ego distruttore si manifesta nella propria sposa, Lady Macbeth, che risveglia ed incrementa le sue tendenze negative.

Il principio di Eva e di Adamo è in ciascuno di noi, così come c'è in ciascuno di noi l'angelo e il demone. Se scegliamo di nutrire il demone, vincerà. Se nutriamo l'angelo e la sua luminosa natura spirituale, vincerà l'angelo.

In ognuno di noi ci sono Vitra e Indra, Lucifero e Michele. Il nostro destino dipende dalla scelta che facciamo, se decidiamo di assecondare l'uno o l'altro. Assieme all'orgoglio e alla superbia, il falso ego é la caratteristica principale degli asura.

L'umiltà è l'atteggiamento opposto e, in parte, ne è anche l'antidoto.

In una celebre metafora con cui Shri Caitanya Mahaprabhu ammaestra il suo principale discepolo, Shrila Rupa Gosvami, la devozione dell'aspirante spiritualista viene paragonata ad una tenera pianticella, bhakti lata bija, circondata dalle piante infestanti dell'ego che tendono a soffocarla.
Se desideriamo l'evoluzione e la felicità, dovremmo con ogni nostra forza prenderci cura della tenera pianticella della Bhakti, proteggendola praticando la sadhana (disciplina spirituale) in modo costante (abhyasa) e con distacco emotivo dal fenomenico (vairagya), sviluppando il puro desiderio di servizio e di offerta a Dio. L'offerta al Supremo di tutto ciò che si possiede è definita da Shri Caitanya come la più alta forma di rinuncia: yukta vairagya.

La malapianta dell'ego è sradicata dalla pratica costante della sadhana bhakti con umiltà e in spirito di servizio.
L'umiltà autentica deriva dalla consapevolezza della nostra natura di servitori di Dio; è l'umiltà della parte che si rapporta al Tutto, al Creatore, alle creature e al creato.
Essa si sviluppa imparando a rispettare e a valorizzare tutti gli esseri, chiunque essi siano, a prescindere dal corpo che temporaneamente indossano. Con questa attitudine, per misericordia divina, cessano gli errori e le offese che ostacolano la realizzazione spirituale e il nostro viaggio procede rapido verso la Meta suprema, param gatih.

Libertà, giustizia, serenità, sapienza, felicità e amore.

Più prestiamo attenzione agli insegnamenti spirituali, più li contempliamo e li integriamo nella nostra vita di tutti i giorni, più si risveglia e si rafforza in noi la voce interiore, la saggezza innata del discernimento che, nella cultura della Krishna-bhakti, nel Gaudiya-Vaishnavismo, è chiamata tattva-viveka, consapevolezza discernente.
Se incominciamo a distinguere tra le insistenti, suadenti quanto ingannevoli voci dell’io – che peraltro è privo di esistenza ontologica - e la veritiera voce del sé – realtà immortale - e scegliamo deliberatamente e irrevocabilmente la guida della seconda, questa ci apre la luminosa via della libertà, della salvezza, della gioia e dell’Amore. Allora e solo allora inizia a manifestarsi in noi il chiaro ricordo della nostra autentica natura - una e indivisa - quella spirituale, in tutto il suo splendore e divina verità.
A quel punto i vaneggiamenti dell’ego falso non distolgono più dalla retta comprensione-visione e anche gli ultimi dubbi cessano, e con essi i capricci della fu mente ribelle.

Poiché il vero ostacolo alla realizzazione spirituale è la mente ribelle, una volta conquistata e resa docile strumento sotto l’egida dell’anima è possibile sperimentare prontamente la felicità ineffabile dell’estasi. L’esperienza psicologica dell’inferno precede l’ascesa al Cielo, passando quasi invariabilmente per la fase intermedia del Purgatorio.

Il primo passo concreto su questo sentiero è l’abbandono a Dio, espresso poi anche formalmente dal rito dell’iniziazione (Hari-nama diksha).
Del resto, la vita iniziatica - dono divino che permette di trasformare in un puro diamante la mente - richiede chiarezza, onestà, coraggio e fermezza. Infatti, quando si sono sufficientemente praticate e sviluppate nel carattere queste fondamentali qualità, la Grazia Divina discende e tutto s’illumina, la ex plumbea mente si colora di aurei bagliori, l’anima è strappata alla schiavitù della materia e si libra in Cielo…Solo allora l’evoluzione spirituale diventa rapida e prende concretamente realtà, anche nel mondo tridimensionale.

Marco Ferrini
(Matsya Avatar das)

 

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